Ogni anno, la seconda domenica di ottobre, a Trieste si svolge la ormai famosa regata "Barcolana", nata nel 1969 presso la Società Velica Barcola e Grignano, per salutare con un'ultima uscita in barca la fine della stagione.
Ho riflettuto molto se condividere o meno la "piccola storia di una barca a vela", perché è un racconto che sento molto vicino a me e alla nostra famiglia; poi ho pensato che oggi fosse la giornata più giusta per farlo.
"Piccola storia di una barca a vela" si è classificata seconda alla I edizione del Premio Letterario "Il dolore oltre all'amore" dedicato a Antonio Bernardo |
PICCOLA
STORIA DI UNA BARCA A VELA
C'è
una barca che ondeggia pigramente ormeggiata ad un piccolo pontile di
legno, al riparo dalle onde del mare aperto, sotto gli occhi bonari
di un castello e del verde mantello che lo circonda.
Bianca
come le ali dei gabbiani che ogni tanto le fanno visita, erge il suo
albero verso l'azzurro del cielo ed aspetta che il suo capitano passi
a trovarla; nel frattempo le sartie tintinnano nel vento la sua
storia.
Non
è la barca a vela di lusso a cui si rifanno gli stereotipi da yacht
club, né un antico natante di legno, bensì un onesto scafo
panciuto e autorevole, che, sebbene costruito per affrontare il mare
aperto piuttosto che veloci regate, non ha mai sfigurato nello
spiegare le sue vele accanto a quelle più imponenti delle sue cugine
blasonate.
Per
motivi oramai sbiaditi nel sole di estati passate, le sue cime erano
rimaste tese alla riva per troppo tempo, e così, trascurata ma mai
dimenticata, si era lasciata andare all'abbraccio delle alghe e delle
intemperie, certa che presto o tardi il suo capitano si sarebbe
riavvicinato per prendersene cura.
Non
era persona da trascurare le cose, lui, ma ciò che Birba ancora non
sapeva era che non tutti gli inverni sono destinati a finire in
primavera. Tuttavia, come lei si aspettava, il suo capitano era
tornato ed aveva portato con sé anche il suo valido aiutante: suo
figlio.
Dapprima
lei l'aveva guardato con sospetto, perché in tempi più lontani egli
l'aveva considerata più alla stregua di un parco acquatico,
mancandole talvolta di rispetto, anche se mai con intenzionale
cattiveria...Poi aveva iniziato ad apprezzarlo: le piaceva quel
ragazzo un po' brusco e restio a spalancare il sorriso ma capace di
parlare con il cuore. Parlava con lei, ma soprattutto per lui
parlavano le sue azioni, l'instancabile volontà di grattar via gli
strati della vecchia vernice, per tornare a renderla una rispettabile
signora del mare.
Sembrava
che il tempo avesse acquisito una duplice importanza per il capitano
e per suo figlio, tanto smaniosi e determinati di portare a
compimento il loro restauro eppure così lenti nel dilatare tutte le
giornate trascorse a bordo, quasi che la barca fosse non solo il loro
progetto ma anche il posto speciale dove, fra pennelli e carta
vetrata, un padre ed un figlio potevano parlare della vita.
La
vita che aveva reso l'uno dapprima padre e poi nonno, orgoglioso di
essere entrambi, di poter raccontare ciò che nella sua vita aveva
costruito, segnando una rotta così come amava fare quando stava
seduto al timone. La stessa vita che gli aveva presentato anche la
bestia che si accingeva ad affrontare.
Birba
tornava a piccoli passi a risplendere del suo candore, e nei tramonti
che rendevano rosa il cielo e mandavano bagliori dorati sul mare, le
figure dei due uomini si stagliavano sedute a poppa con lo sguardo
rivolto all'orizzonte, assaporando quegli istanti di soddisfatto
presente e di sperato futuro.
A
volte il figlio passava a trovarla da solo, con la scusa di
assicurare un parabordo o solo di far fare qualche giro al motore e
si perdeva nei fumosi pensieri di una sigaretta. Il suo sguardo era
cupo e la sua bocca prendeva una piega tagliente, come il maestrale
che sembrava soffiargli nel cuore.
Alle
prime avvisaglie di un autunno giunto al termine di un'estate che non
era mai iniziata, Birba aveva finalmente riabbracciato il mare.
Schierata facendo bella mostra di sé accanto a migliaia di altre
barche che animavano il golfo, al secondo colpo di cannone aveva
superato la linea di partenza della regata; padre e figlio
consapevoli che non avrebbero vinto ma che l'avrebbero affrontata
fino all'ultimo giro di boa, fino all'ultimo alito di vento, così
come di vita.
Nel
corso dei mesi che si susseguivano il passo del capitano diventava
sempre più leggero, e i traguardi sempre più vicini ma importanti:
il rimessaggio in primavera, una timida uscita in estate, fino
all'atteso appuntamento della regata d'autunno. I piccoli passi ed i
gesti di amore di dialoghi stretti fra poppa e prua, lascando le
scotte, correggendo l'andatura raddrizzando il timone; le parole
affidate agli sguardi riflessi sul mare.
C'è
una barca che ondeggia pigramente ormeggiata ad un piccolo pontile di
legno. Ottobre è arrivato ma non ci sono state regate. Lei aspetta
il suo capitano ma il suo capitano la osserva dal vento; sulle vele
le soffia i ricordi dei bei momenti che insieme hanno trascorso: i
passi frettolosi ed incerti di una bimba sul ponte, le lunghe
chiacchierate al calar del sole, le nuotate nelle acque cristalline e
la soddisfazione di averle fatto riprendere il largo.
Conosco questa storia e chi l'ha scritta...ti attraversa il cuore, delicata carezza, nata per dare sollievo.
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