domenica 9 ottobre 2016

piccola storia di una barca a vela


Ogni anno, la seconda domenica di ottobre, a Trieste si svolge la ormai famosa regata "Barcolana", nata nel 1969 presso la Società Velica Barcola e Grignano, per salutare con un'ultima uscita in barca la fine della stagione. 
Ho riflettuto molto se condividere o meno la "piccola storia di una barca a vela", perché è un racconto che sento molto vicino a me e alla nostra famiglia; poi ho pensato che oggi fosse la giornata più giusta per  farlo.

"Piccola storia di una barca a vela" si è classificata seconda alla I edizione del Premio Letterario "Il dolore oltre all'amore" dedicato a Antonio Bernardo
PICCOLA STORIA DI UNA BARCA A VELA

C'è una barca che ondeggia pigramente ormeggiata ad un piccolo pontile di legno, al riparo dalle onde del mare aperto, sotto gli occhi bonari di un castello e del verde mantello che lo circonda.
Bianca come le ali dei gabbiani che ogni tanto le fanno visita, erge il suo albero verso l'azzurro del cielo ed aspetta che il suo capitano passi a trovarla; nel frattempo le sartie tintinnano nel vento la sua storia.
Non è la barca a vela di lusso a cui si rifanno gli stereotipi da yacht club, né un antico natante di legno, bensì un onesto scafo panciuto e autorevole, che, sebbene costruito per affrontare il mare aperto piuttosto che veloci regate, non ha mai sfigurato nello spiegare le sue vele accanto a quelle più imponenti delle sue cugine blasonate.
Per motivi oramai sbiaditi nel sole di estati passate, le sue cime erano rimaste tese alla riva per troppo tempo, e così, trascurata ma mai dimenticata, si era lasciata andare all'abbraccio delle alghe e delle intemperie, certa che presto o tardi il suo capitano si sarebbe riavvicinato per prendersene cura.
Non era persona da trascurare le cose, lui, ma ciò che Birba ancora non sapeva era che non tutti gli inverni sono destinati a finire in primavera. Tuttavia, come lei si aspettava, il suo capitano era tornato ed aveva portato con sé anche il suo valido aiutante: suo figlio.
Dapprima lei l'aveva guardato con sospetto, perché in tempi più lontani egli l'aveva considerata più alla stregua di un parco acquatico, mancandole talvolta di rispetto, anche se mai con intenzionale cattiveria...Poi aveva iniziato ad apprezzarlo: le piaceva quel ragazzo un po' brusco e restio a spalancare il sorriso ma capace di parlare con il cuore. Parlava con lei, ma soprattutto per lui parlavano le sue azioni, l'instancabile volontà di grattar via gli strati della vecchia vernice, per tornare a renderla una rispettabile signora del mare.
Sembrava che il tempo avesse acquisito una duplice importanza per il capitano e per suo figlio, tanto smaniosi e determinati di portare a compimento il loro restauro eppure così lenti nel dilatare tutte le giornate trascorse a bordo, quasi che la barca fosse non solo il loro progetto ma anche il posto speciale dove, fra pennelli e carta vetrata, un padre ed un figlio potevano parlare della vita.
La vita che aveva reso l'uno dapprima padre e poi nonno, orgoglioso di essere entrambi, di poter raccontare ciò che nella sua vita aveva costruito, segnando una rotta così come amava fare quando stava seduto al timone. La stessa vita che gli aveva presentato anche la bestia che si accingeva ad affrontare.
Birba tornava a piccoli passi a risplendere del suo candore, e nei tramonti che rendevano rosa il cielo e mandavano bagliori dorati sul mare, le figure dei due uomini si stagliavano sedute a poppa con lo sguardo rivolto all'orizzonte, assaporando quegli istanti di soddisfatto presente e di sperato futuro.
A volte il figlio passava a trovarla da solo, con la scusa di assicurare un parabordo o solo di far fare qualche giro al motore e si perdeva nei fumosi pensieri di una sigaretta. Il suo sguardo era cupo e la sua bocca prendeva una piega tagliente, come il maestrale che sembrava soffiargli nel cuore.
Alle prime avvisaglie di un autunno giunto al termine di un'estate che non era mai iniziata, Birba aveva finalmente riabbracciato il mare. Schierata facendo bella mostra di sé accanto a migliaia di altre barche che animavano il golfo, al secondo colpo di cannone aveva superato la linea di partenza della regata; padre e figlio consapevoli che non avrebbero vinto ma che l'avrebbero affrontata fino all'ultimo giro di boa, fino all'ultimo alito di vento, così come di vita.
Nel corso dei mesi che si susseguivano il passo del capitano diventava sempre più leggero, e i traguardi sempre più vicini ma importanti: il rimessaggio in primavera, una timida uscita in estate, fino all'atteso appuntamento della regata d'autunno. I piccoli passi ed i gesti di amore di dialoghi stretti fra poppa e prua, lascando le scotte, correggendo l'andatura raddrizzando il timone; le parole affidate agli sguardi riflessi sul mare.
C'è una barca che ondeggia pigramente ormeggiata ad un piccolo pontile di legno. Ottobre è arrivato ma non ci sono state regate. Lei aspetta il suo capitano ma il suo capitano la osserva dal vento; sulle vele le soffia i ricordi dei bei momenti che insieme hanno trascorso: i passi frettolosi ed incerti di una bimba sul ponte, le lunghe chiacchierate al calar del sole, le nuotate nelle acque cristalline e la soddisfazione di averle fatto riprendere il largo.